PARLARE IN PUBBLICO – 3° ingrediente per essere convincenti: EMOZIONA

Emozionare il pubblico, una delle chiavi per il successo, per qualsiasi dialogo o relazione.
Il frutto della passione o maracujà, è originario del Brasile. Il nome pare derivi dall'uso che ne facevano i missionari spagnoli per spiegare agli indigeni, con il fiore di questa pianta, la crocifissione di Cristo; il nome latino è Passiflora edulis e i gesuiti in Sudamerica usavano la complessa struttura del fiore per raccontare la Passione di Cristo. Da qui nell'immaginario e nella realtà passione significa anche sofferenza e dolore!
La pensa così anche il filosofo Byung-Chul Han che sintetizza: «La vita senza dolore non è vita!».
Le emozioni sono il canale di comunicazione più potente degli esseri umani, grazie alle emozioni percepiamo ciò che accade, mentre accade, qualsiasi cosa accada. Lo psicologo Robert Plutchik ha ideato il "modello di Plutchik", che individua 8 emozioni di base: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, aspettativa, rabbia e disgusto. Il modello in realtà è un piccolo cono, per ricordarci che in Natura gli opposti si attraggono e si congiungono in un unica dimensione.

La Natura ci insegna - come sempre - molte cose, anche sul tema delle emozioni essa ci conduce in un viaggio esplorativo dentro e fuori di noi. Ella usa molti canali sensoriali e non solo, uno di questi canali è la musica, non solo il tuono, l'agitar delle fronde o lo scrosciare di un ruscello, anche l'uso articolato di note e parole, come nel caso della famosa canzone di Lucio Battisti "emozioni" ci portano a volare, ricordare, sognare e ragionare, anche mentre siamo seduti in una sedia in una stanza. Solo di recente la scuola, e ancor oggi - purtroppo - non in tutte, e i suoi docenti hanno cominciato ad insegnare e condividere come si misurano, sviluppano, gestiscono e si sciolgono le emozioni. Ho avuto la fortuna di incontrare oltre 10 anni fa Lorenzo e 6SECONDS. Lorenzo è direttore della sezione italiana del più grande network al mondo sull'intelligenza emotiva. Sarebbe stato bello incontrarlo prima, forse la mia vita sarebbe stata diversa! Ma così è andata! L'esperienza di certe emozioni non si dimentica ed è importante incontrare qualcuno che ti aiuta a decodificarle.
Il processo per gestire le proprie emozioni è semplice e articolato al contempo, ed è sintetizzabile in tre fasi:
- consapevolezza di ciò che provo o decodifica dell'informazione,
- analisi delle alternative e valutazione delle stesse,
- individuazione dello stato desiderato o della direzione da intraprendere.
Questo processo vale per noi stessi e per gli altri, sia che stiamo parlando che ascoltando. Conoscere le emozioni e gestirle è importante per far crescere empatia ed emozionare le persone che vi ascoltano. Questo processo è il più importante, a seguire viene ricordare il discorso, o almeno i punti nodali di esso, per tenere il filo e traccia, anche se restano le emozioni che suscitiamo a guidare noi e il pubblico che ci ascolta.
Essere di fronte ad una persona che ci fa emozionare è un privilegio. Mi capita - a volte - nelle sessioni di coaching individuali o di team percepire delle forze emotive che ci coinvolgono in sensazioni e dinamiche che vanno oltre il parlato, il contenuto, il gestuale. A volte queste forze ci portano oltre, come la poesia!
L'arte del parlare in pubblico ha leggi in alcuni casi esplicite, altre meno. Aristotele, come si diceva nel precedente breve articolo, ne individua 5: intento, fiducia, emozione, metafora, sinteticità. Se le utilizzate avete fatto tutto il possibile per convincere i vostri uditori! A queste cinque ho, per esperienza, aggiunto: melange e risultati. Il melange (sequenza e dosaggio) delle 5 precedenti e i risultati che ne scaturiscono ci confermano se quello che abbiamo esercitato ha ottenuto l'effetto desiderato: emozionare e coinvolgere gli altri.
Questi ingredienti hanno un metamodello che accomuna il loro svilupparsi: porsi delle domande, domande potenti, prima di parlare!
La domanda preparatoria potente potrebbe essere: «in che modo posso emozionare il mio pubblico?»
Il frutto della passione (emozione) è l'azione! Aristotele sosteneva che solo se si riesce ad emozionare i nostri interlocutori li si persuade. Le persone devono essere spinte ad agire dopo aver ascoltato un oratore. Aristotele non conosceva i neuroni a specchio, lui riteneva che il modo migliore per trasferire le emozioni da una persona all'altra fosse la narrazione, oggi sappiamo - grazie alla Programmazione Neuro Linguistica (PNL) - che il paraverbale e il non-verbale conta moltissimo, a volte più del verbale, cioè di quello che dico con le parole, anche se come ci ricorda Cicerone con il "genius loci" la logica del discorso non può essere abbandonata.
Dopo oltre 2000 anni, i neuroscienziati confermano ciò che gli antichi avevano dedotto vedendo, ascoltando e riflettendo sulla Natura e sull'uomo: le tempeste neurochimiche nel cervello, per esempio, tramite ossitocina e altre, creano delle "molecole" che collegano noi stessi ad un'altra dimensione e le persone tra loro ad un livello emotivo più "profondo", permettendo alle nostre menti di viaggiare anche solo ascoltando (musica o discorsi). Il fenomeno si amplifica se al parlare abbiniamo immagini, suoni, profumi, vibrazioni o semplicemente chiudiamo gli occhi facendosi trasportare dal silenzio.
Tutto questo è uno dei motivi per cui l'Eneide, l'Odissea, l'Inferno, Purgatorio e Paradiso di Dante e tanti altri poemi grazie al loro storytelling, sono diventati patrimonio comune di intere generazioni, le loro storie ci hanno condotto lontano. Nell'autore il metaobiettivo era uno solo: condurre il lettore tramite le emozioni "altrove". Tutto induce, dai personaggi, ai luoghi ad andare, ad agire ... "oltre".
La storia o le storie che narriamo fanno la differenza, oltre che la modalità e lo stile che utilizziamo. Se le storie hanno contenuti personali e reali o verosimili, sono più accettate e facilmente riconosciute in un'identificazione del pubblico con l'oratore.
Per evocare emozioni molti oratori utilizzano brevi storie, citazioni, barzellette per "portare a bordo" i presenti, incuriosendoli, allontanando e riavvicinando l'ascoltatore con metafore e vividi pensieri, ricchi di simboli, che consentano di camminare, almeno per un tratto, assieme.
In questo scatta la magia di un discorso che l'emozione fa sbocciare, camminare, crescere, sviluppare e mantenere nel tempo. Un buon discorso ci lascia un sapore di "buono" in "bocca" che non scorderemo mai!
breve bibliografia: